In inglese “Shingle” significa “ghiaia”, un nome sdrucciolo che evoca la mobilità scattista di chi mulina metri forsennatamente per arrivare a calpestare terra e magari bitume. E Winston Churchill quel nome lo scelse con cura. Il premier Britannico aveva due esigenze grandi, in quel frangente di fine gennaio 1944. Innanzitutto doveva certificare con i fatti la bontà della sua linea, sostenuta a Casablanca un anno prima. Londra aveva una visione strategica diversa da Washington: gli Usa puntavano ad invadere l’Europa subito e da ovest, non da sud.
Churchill invece era dell’avviso che uno sbarco in Sicilia ed una risalita lungo l’Italia avrebbero costretto Hitler a disperdere divisioni lungo lo stivale ed i Balcani. Alleggerendo così la pressione immensa sul fronte dove Hitler lo rintuzzavano solo i russi di Stalin. Sir Winston era volpino anche in questo, ed aveva capito che i russi ci sarebbero arrivati e come, in affaccio sull’Europa. Perciò conveniva fissare subito le aree di influenza geopolitica. Il Mediterraneo Londra non se lo poteva proprio permettere, di perderlo.
Due battaglie collegate: teoria e pratica
Le battaglie di Cassino e lo sbarco di Anzio, collegate in (poco realizzata) concausa, erano esattamente il frutto di quella visione, per la quale lo sbarco in Normandia andava posticipato. Spostato in calendario quel tantino che bastava per scardinare la porta di ferro della linea Gustav che attraversava Cassino e per mettere Roma in carniere. Con Roma in mano agli alleati zio Giuseppe non avrebbe avuto appetiti postumi.
Ma per realizzare quel piano, come disse lo statista amante del brandy, serviva “un gatto selvaggio” da lanciare, e invece Churchill si ritrovò “con una balena spiaggiata”. Tutto nasceva dal fronte di Cassino, dove la V Armata di Mark Clark non era ancora riuscita a sfondare e prevalere sulle difese tedesche. E dove l’attraversamento del fiume Rapido previsto in quei giorni si profilava come una macelleria annunciata. In effetti lo fu.
Erano duri come il ferro, quei crucchi. Perciò la sola possibilità era aggirarli e sbarcare un forte contingente a nord di Cassino via mare, sia per eluderli e puntare a nord, verso i colli Albani, Roma ed oltre. Sia poi per chiuderli a tenaglia arrivandogli alle spalle mentre li si rintuzzava anche da sud, da Sant’Angelo in Theodice e dai salienti delle Mainarde.
“Crucchi duri come il ferro: aggiriamoli”
In mezzo, cupa, alta e maledettamente imprendibile, stava Montecassino, che a questa sua dimensione di fortezza guardinga avrebbe pagato il più amaro dei pegni. Ci sono quadri strategici più o meno ben delineati fin dalle loro fasi di esordio operativo, e poi c’è Anzio. Un posto cioè dove, per complessità di scenari, errori tattici, mutevolezza delle teste di sbarco e di ponte, afflussi e deflussi, il quadro divenne un vero caos.
Caos che alla fine assegnò la “vittoria” formale agli alleati ma al netto del mancato raggiungimento di quasi tutti gli obiettivi. Lo sbarco avvenne poco dopo la mezzanotte del 22 gennaio 1943 grazie ad un numero enorme di mezzi anfibi pronti per essere inviati nel canale della Manica ma trattenuti in Mediterraneo per la bisogna.
John Lucas, il generale sbagliato
A bordo c’era il VI corpo d’armata dello statico e poco reattivo generale John Lucas. A terra, molto indietro rispetto la linea marittima, era attestata la forza del generale Eberhard von Mackensen, che in quanto stratega carrista, statico non lo era affatto. In tutto si sarebbero fronteggiati per settimane circa 75mila uomini.
Al netto di un quadro complesso e molto duttile che si sarebbe dipanato per molto più tempo di quanto non convenga ad un’operazione di alleggerimento rapido su altro fronte non andò come ci si aspettava, per gli alleati. Lo sbarco in sé fu praticamente una passeggiata, anche perché i tedeschi non avevano difese munitissime al momento dell’azione. Solo che avevano divisioni di riserva non censite a sud di Roma. Ce le aveva dislocate Albert Kesserling, in contrasto aperto con Erwin Rommel ma con la benedizione di Hitler.
Perché Anzio fu un mezzo fallimento? Innanzitutto perché in forza di quelle divisioni “a sorpresa” il fine di sguarnire il fronte di Cassino fallì. Su quelle spiagge, in quelle pinete e lungo quelle vie velletrane ed albane arrivarono difensori freschi. Truppe che in esordio non tolsero polpa ad alcun altro spot di barriera. Poi perché la confusione degli ordini e la condotta generale del comandante Usa in capo portarono più guai che successi.
Testa di ponte? Magari più tardi
Dopo lo sbarco le truppe in testa di ponte avrebbero dovuto avanzare a cuneo, approfittando delle difese sguarnite e dell’ampio margine geografico di penetrazione. Poi attestarsi in linea a ventaglio fino a Cisterna, attendere la seconda ondata ed avanzare di nuovo, ma con già 40 km messi tra sé e le paratie calate degli Lst a mollo nel Tirreno. Non andò così e Lucas perse molto, moltissimo tempo a consolidare la testa di sbarco invece di lanciarla e consolidarla nella sua veste seconda di testa di ponte. Intasare una spiaggia di carri e truppe per averne tanti da lanciare invece che lanciarne subito all’interno un congruo “Qb” non è strategia, è suicidio.
Avrebbe pagato caro quell’errore, il pacioso generale. E sarebbe stato sostituito da un fegataccio come Lucien Truscott, uno a paragone del quale perfino quel licantropo di Patton sembrava Baden Powell. Ad ogni modo i tedeschi ebbero molto tempo per organizzare una difesa munitissima di secondo fronte interno e la via per Roma divenne una mezzaluna a rovescio di ferro e fuoco. Basti pensare che in meno di quattro giorni da quelle parti arrivarono di corsa il I Corpo d’armata paracadutisti, la Panzer-Division “Hermann Göring” , la IV Fallschirmjäger-Division. Poi il LXXVI Panzerkorps che aveva in organico la 26a Panzer-Division, la 3a e dalla 29a Panzergrenadier-Division. Con esse anche quattro divisioni di fanteria motorizzata.
Come ti addomestico un gatto selvaggio
Ce n’era insomma di che mettere a fare le fusa qualsiasi gatto selvaggio. In effetti alcune divisioni vennero disimpegnate dal fronte di Cassino, ma il loro peso strategico sulla linea difensiva d Anzio fu minimo. Lucas, che era aggressivo ed agli antipodi del suo predecessore, pianificò un contrattacco a due punte: verso Cisterna e verso i Colli Albani, ma trovò l’ulteriore sorpresa di truppe tedesche che erano arrivate dal fronte Adriatico. Erano schizzate ad ovest ed a marce forzate talmente efficaci che i vivi di volata dei loro 88 Bofors presi ai norvegesi erano pronti e puntati già dopo poche ore.
Fu un piccolo capolavoro non censito di mobilità meccanizzata. Roba in cui i tedeschi erano maestri, avevano attraversato le Ardenne, figurarsi l’Appennino. Un blitz che complicò ancor di più la faccenda. E che trasformò l’abitato di Cisterna in un tiro al piccione da cui sparare ad alzo zero. A Campoleone non andò meglio e fece terribile fede quello che un caporale ranger disse al generale Harmon giunto sulla linea del fronte a prendere la temperatura ai suoi. “Bene signore, quando arrivammo eravamo centosedici e adesso siamo sedici. Abbiamo l’ordine di tenere la posizione fino al tramonto e credo che con un po’ di fortuna ci riusciremo“.
Teniamoci il pollice e fermiamoci qui
Alla fine prevalse la decisione di rinforzare il terreno già conquistato e di non avanzare oltre, la 14ma armata tedesca si era trasformata da lepre in segugio. E la testa di ponte, chiamata “pollice” per la sua forma venne riempita di uomini e mezzi. Fu un altro errore, perché, come suggerivano nome e forma, quell’area era facilmente “tagliabile” ed isolabile. Ed a quel punto si sarebbe creata una sacca farcita del meglio del meglio dei nemici, stretti ed impossibilitati a manovrare. Sacca da azzerare con comodità assoluta ed in accerchiamento perfetto, come era avvenuto a parti invertite per Von Paulus a Stalingrado.
Come andò a finire? Come finisce sempre quando hai i numeri ed i volumi di Zio Sam a coprire le magagne. L’artiglieria alleata mise parziale rimedio agli errori marchiani dell’inizio, i carri “Snake” dragarono i campi minati e due fronti difensivi tedeschi si sgretolarono progressivamente. Da Valmontone i tedeschi poi si chiusero a riccio di fronte all’avanzare delle truppe di Clark che nel frattempo era giunto a Terracina a guidare le operazioni. Sì, ma cosa significò quel “nel frattempo”?
Che si era arrivati a maggio, che Montecassino era stata liberata dai Polacchi di Anders. E che tutto ciò che doveva giovarsi dall’apertura del fronte di Anzio era stato costretto a dare giovamento a chi giovamento doveva dare, non riceverlo. E che Anzio fu sì una vittoria, ma talmente onerosa, contorta e lunga che chiamarla sconfitta non sarebbe esagerato. Come pensò sir Winston Churchill versandosi il suo brandy, quando vide un gatto selvaggio diventare una balena spiaggiata.
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