In totale sono 125. Sono le pagine del XII Rapporto ‘L’economia del Lazio‘ sviluppato da Bankitalia. È stato presentato questa mattina a Roma presso la sede di via Nazionale. Il rapporto è stato illustrato dalla direttrice della sede di Roma della Banca d’Italia Antonella Magliocco, con lei il capo della divisione Analisi e Ricerca Economica Territoriale Marco Gallo. Ed il vice capo Massimiliano Bolis.
Che cosa dice il Rapporto. La pubblicazione è articolata in sei Capitoli, più un’appendice statistica alla fine.
IL QUADRO MACROECONOMICO
Nel 2023 l’attività economica nel Lazio ha continuato a crescere, sebbene in misura molto più contenuta rispetto all’anno precedente. È stata una crescita in linea con quanto accaduto nel resto del Paese.
Insomma, nel 2023 siamo cresciuto meno che nel 2022. C’è un rallentamento. E questo ha ha determinato un indebolimento della domanda interna per consumi e investimenti. Cosa significa? Abbiamo comprato meno ed abbiamo investito meno: ad esempio se c’era l’ipotesi di comperare una casa, cambiare l’auto, pianificare una spesa, in molti hanno deciso di aspettare. La cosa non è solo italiana ma europea. E questo ha determinato una richiesta minore di beni che in genere vendiamo fuori dai nostri confini.
L’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) della Banca d’Italia mostra una crescita in termini reali dello 0,9% su base annua. È tanto o è poco? Uguale alla media italiana e inferiore a quella dell’anno precedente. L’anno era cominciato in maniera più dinamica: nei primi tre mesi soprattutto, affievolendosi nella restante parte dell’anno.
Se gettiamo lo sguardo indietro, siamo ancora lontani dal bel periodo del 2007: nel confronto storico il prodotto regionale rimane ancora al di sotto di 5,5 punti percentuali rispetto a quella data.
IL BOOM DEL TURISMO
Le attività dei servizi hanno rallentato, pur fornendo il maggiore contributo alla crescita regionale. L’espansione è proseguita grazie soprattutto ai comparti legati al turismo; le presenze di visitatori sono infatti fortemente aumentate, superando i livelli del 2019. Nell’ultimo decennio i flussi turistici nell’area metropolitana di Roma sono cresciuti molto di più rispetto alle altre principali aree a vocazione turistica, anche per la diffusione di strutture ricettive extra-alberghiere. Roma è sempre Roma: il Rapporto non fa che confermare il gap enorme che esiste in termini di attrattività turistica tra la Capitale e le altre province del Lazio (Frosinone-Latina-Rieti-Viterbo)
I numeri dicono che a tenere in piedi l’economia del Lazio è stato il flusso crescente e inarrestabile di turisti. Dopo la pandemia è tornato ad affollare il centro di Roma. La crescita è stata tale da tenere in piedi l’economia della Capitale e della regione nel 2023, attenuando gli effetti del calo registrato dall’industria.
L’analisi redatta dalla Banca d’Italia sull’economia del Lazio conferma nei numeri quanto empiricamente tocca con mano ogni giorno chiunque frequenti la Capitale: il centro storico ha visto un balzo di affitti brevi e B&B che oramai rappresentano la metà dei posti letto. E durante il giorno, la densità a causa dei turisti e di chi affluisice per lavoro o studio, raggiunge livelli dieci volte quelli degli altri quartieri cittadini. Roma infatti tallona oramai Venezia come quota percentuale (il 7,8%) sul totale delle presenze nazionali.
MA NON PORTA OCCUPAZIONE
La crescita del 25% delle presenze turistiche lo scorso anno (ma il trend è proseguito anche in questi mesi del 2024) e in generale quello dei servizi dell’1,2% hanno permesso al pil regionale di chiudere in linea con il dato nazionale e contrastare la battuta d’arresto dell’industria e dell’export.
Le province ancora non riescono ad intercettare questo turismo. Manca un’offerta che sia interessante ed attraente. Possibilmente coordinata e complementare con quella della Capitale. L’aumento del turismo tuttavia si porta un’occupazione in crescita ma soprattutto a tempo determinato e non con contratti stabili come nel resto d’Italia.
GIÙ L’INDUSTRIA E PURE L’EDILIZIA
La fine del Superbonus ha frenato le costruzioni che però si sono consolate con le risorse per il Giubileo e del Pnrr: hanno rimesso in moto il settore dei lavori pubblici. Solo per il Lazio il piano Ue ha assegnato a soggetti pubblici 10,3 miliardi di euro. I cantieri avviati, secondo la puntigliosa analisi degli esperti di Via Nazionale a febbraio erano pari a 900 milioni di euro. Un dato positivo è che quelli conclusi erano il 10% di quelli avviati. È un ottimo dato. Cosa lo dice? Il fatto che siano il doppio della media nazionale.
Quanto durerà l’onda e cosa lascerà? Certo Banktalia non si sbilancia su quale sarà l’effetto duraturo delle risorse arrivate per l’anno Santo. Il precedente del Giubileo 2000 non è stato esaltante secondo proprio uno studio di Via Nazionale.
È invece calata l’attività nell’industria in senso stretto, riflettendo soprattutto l’andamento del comparto energetico. Il settore manifatturiero ha risentito della debolezza del commercio internazionale: le esportazioni sono diminuite e in termini reali sono ritornate al di sotto dei livelli del 2019. L’indagine statistica della Banca d’Italia segnala una crescita della spesa per investimenti nei settori dell’industria in senso stretto e dei servizi. Le condizioni economiche e finanziarie delle imprese regionali appaiono ancora positive, pur in presenza del rialzo del costo dei finanziamenti.
La quota di imprese che ha chiuso il 2023 con un utile di esercizio è risultata alta e in lieve aumento rispetto all’anno precedente.
IL MERCATO DEL LAVORO E LE FAMIGLIE
L‘occupazione in regione è aumentata di oltre il 2% poco di più della media nazionale, recuperando i livelli precedenti lo scoppio della pandemia. A differenza di quanto accaduto nel resto del Paese, la crescita è stata alimentata soprattutto da posizioni temporanee. Le persone in cerca di lavoro sono diminuite, favorendo il calo del tasso di disoccupazione.
Negli ultimi quindici anni la popolazione residente in regione è aumentata grazie al contributo prevalente degli stranieri, i quali hanno fortemente sostenuto l’occupazione in regione. Per i prossimi due decenni la popolazione complessiva in età da lavoro è prevista in riduzione, con possibili ripercussioni negative sulle forze di lavoro e sull’occupazione. Tradotto? Ci saranno meno braccia e quindi meno persone in grado di fare le cose.
Quell’aumento del 2% dei lavoratori cosa ha portato? Ha favorito l’aumento del reddito delle famiglie in termini nominali. Ma l‘inflazione (soprattutto nella prima parte dell’anno) ne ha però ridotto il potere d’acquisto. Con 50 euro insomma si comprano sempre meno cose. I consumi sono cresciuti in termini reali, pur se in misura inferiore rispetto all’anno precedente: colpa dell’aumento dei prezzi e dei tassi di interesse.
Stiamo intaccando i risparmi. La spesa delle famiglie è stata in parte sostenuta dalle risorse accumulate durante il periodo della pandemia: nel biennio 2020-21 il risparmio ha infatti raggiunto livelli ben più elevati della media degli anni precedenti. L’indebitamento delle famiglie è rimasto sostanzialmente invariato: il rialzo dei tassi di interesse ha ridotto la domanda di nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni. A differenza dell’anno precedente sono diminuite le richieste da parte dei giovani al Fondo prima casa. È invece rimasta vivace la dinamica del credito al consumo che ha contribuito a sostenere la spesa delle famiglie.
IL MERCATO DEL CREDITO
In un contesto ancora restrittivo di politica monetaria, la domanda di finanziamenti da parte di famiglie e imprese è diminuita. la conseguenza è che i criteri di offerta del sistema bancario sono divenuti lievemente più rigidi. L’aumento dei tassi di riferimento avvenuto nel corso del 2023 si è trasmesso diffusamente sul costo del credito applicato alla clientela. Comprare denaro ci costa di più.
Restituiamo con una sostanziale regolarità le somme avute in prestito: il tasso di deterioramento dei finanziamenti è rimasto su livelli bassi. Sono però emersi lievi segnali di maggiore difficoltà da parte delle imprese nel rimborsare i debiti nei tempi previsti.
Il rialzo dei rendimenti ha favorito uno spostamento dei risparmi verso forme di investimento più remunerative: i depositi bancari di famiglie e imprese sono sensibilmente diminuiti. E questo, a fronte di un significativo aumento del valore complessivo dei titoli a custodia detenuti presso le banche, in particolare della componente relativa ai titoli di Stato.
LA FINANZA PUBBLICA DECENTRATA (I COMUNI)
La spesa corrente degli enti territoriali del Lazio è aumentata, sebbene in misura inferiore rispetto alle altre Regioni a statuto ordinario (RSO). Gli investimenti fissi lordi hanno registrato una forte espansione, in particolare per il Comune di Roma Capitale, legata prevalentemente agli interventi previsti dal PNRR. Nel confronto con il passato il valore degli investimenti risulta tuttavia ancora sensibilmente al di sotto di quelli raggiunti prima della crisi finanziaria mondiale.
Nell’ambito del PNRR a dicembre scorso erano stati assegnati a soggetti pubblici 10,3 miliardi euro (9,2% del totale nazionale), per progetti da realizzare nel Lazio. Oltre un terzo degli interventi per i quali era necessario procedere a una gara d’appalto risultava aggiudicato. La quota dei cantieri completati e lo stato di avanzamento medio dei lavori aperti risultavano superiori ai dati medi italiani.
Le entrate degli enti territoriali del Lazio sono nel complesso cresciute. L’aumento è stato trainato dagli incassi della Regione, mentre quelli dei Comuni sono risultati lievemente inferiori all’anno precedente. Al tempo stesso il debito delle Amministrazioni locali del Lazio si è complessivamente ridotto, riflettendo la contrazione della componente relativa ai Comuni. In termini pro capite il debito rimane ancora significativamente superiore a quello medio nazionale.
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