Non può finire così, con ‘quattro colonne in Cronaca‘. L’assoluzione di Cesare Fardelli, Mauro Vicano e Roberto Suppressa decisa nei giorni scorsi dal Tribunale di Cassino non può passare sotto silenzio. Perché è la sintesi più rappresentativa dei motivi che hanno reso questo territorio un pantano che tutti guardano con sospetto e diffidano dal venirci ad investire i loro capitali. (Leggi qui: Nessun traffico di rifiuti: assolti Vicano, Fardelli e Suppressa).
L’aspetto giudiziario
L’assoluzione dei due ex presidenti e del direttore Saf (società pubblica che appartiene ai 91 Comuni ciociari ed alla Provincia, ciascuno in parti uguali) fa il paio con l’assoluzione avvenuta appena qualche settimana prima per l’ex presidente della Provincia di Frosinone Giuseppe Patrizi. Tutti erano accusati di illeciti connessi al ciclo dei rifiuti. E tutti sono stati assolti con formula piena. Non ci sono margini di dubbio: i fatti che gli hanno contestato non sono reati. Lo dicono i giudici. (Leggi qui: Cosa insegna l’assoluzione di Peppe Patrizi).
Va messa subito in chiaro una questione. I sostituti procuratori della Repubblica che hanno coordinato le indagini non appartengono alla categoria degli asini. Non sono degli esaltati. Non sono stati superficiali. Hanno interpretato delle norme che sono nell’ordinamento della Repubblica Italiana.
La questione è che in questo Paese siamo convinti di risolvere tutto con una Legge. Che poi rasentino l’assurdo o risultino inapplicabili frega niente a nessuno: l’importante è poter dire agli elettori abbiamo fatto una legge. Con il paradosso del caso Fardelli – Vicano – Suppressa: nel loro caso nemmeno la giurisprudenza aveva le idee chiare sul tema e le norme lasciavano spazi per interpretazioni molto diverse. Al punto che nel 2020 si è dovuti arrivare ad una normativa che faceva chiarezza. I fatti contestati in questi caso erano del 2017. Cioè quando nemmeno la Giurisprudenza sapeva quale fosse la giusta interpretazione della Legge.
Come si può pensare di operare, prendere decisioni, amministrare, in una condizione simile?
Il parallelismo con Reno
C’è un parallelismo con quanto sta accadendo in queste ore alla Reno De Medici. La cartiera di Villa Santa Lucia è parte del gruppo multinazionale RDM Group che è leader europeo nel settore del cartoncino riciclato. I numeri sono chiari: è il più grande produttore in Italia, Francia, Paesi Bassi, Scandinavia e nella Penisola iberica. Il company profile aggiornato dice che Villa Santa Lucia è inserita in un contesto di 10 stabilimenti e 4 centri di taglio, per un totale di circa 2.300 dipendenti. Che nel 2022 ha totalizzato ricavi netti pari a 1.250 milioni di euro, per circa 1.400.000 tonnellate prodotte. In pratica: non è un’azienda bollita, non è in fase di lessatura, appena un anno fa è stata al centro di una transazione internazionale con la quale la sua proprietà è passata da un fondo canadese ad uno statunitense. (Leggi qui: Cosa c’è dietro alla chiusura di Reno de Medici)
C’è un’indagine in corso della Procura della Repubblica che ha attenzionato l’impianto consortile nel quale RdM scaricava i suoi fanghi; l’indagine si è poi allargata dal funzionamento (o non funzionamento) del depuratore per arrivare a come gli scarichi arrivavano a valle per essere lavorati (se adeguatamente pre trattati o non). La Reno De Medici ha deciso di affrontare in maniera diretta la questione: realizzando una serie di lavori con cui centrare i target ambientali al centro della questione.
È qui che si apre il nuovo fronte di discussione al punto che l’azienda ha avviato le procedure di chiusura della fabbrica e di licenziamento collettivo dei circa 160 dipendenti. Perché dal Palazzo di Giustizia di Cassino viene disposto il trattamento di tutti i fanghi; Reno de Medici non ci sta, sostenendo che la parte superiore, la ‘fanghiglia‘ vera e propria non deve essere considerata rifiuto ma nuova materia prima in quanto carica di cellulosa e proprio per questo riutilizzata nel ciclo produttivo. E spiega che non è una sua invenzione: si chiamano fanghi primari e sostiene che le moderne cartiere funzionano così.
Piangere sul fango versato
Sta qui il parallelismo con il caso Saf. E cioè: le norme in materia ambientale sono in costante evoluzione. Più di qualche volta sono state scritte di pancia e non con la testa sulle provette. Come dimostrano le assoluzioni dell’ex presidente Giuseppe Patrizi e dei due ex presidenti Saf Mauro Vicano e Cesare Fardelli.
Sulla questione Reno De Medici c’è poco da girarci attorno: se i suoi fanghi sono materia prima e vengono riciclati per fare il suo cartoncino apprezzato nel mondo non c’è una sola ragione per farglieli smaltire come se fossero un rifiuto. E se anche la legge non lo prevedesse è la legge a dover essere aggiornata: perché il ciclo produttivo si è innovato. Se non sono fanghi primari, se non è materiale che viene recuperato… è questione della Procura.
Un tema sul quale finalmente la politica sembra avere aperto gli occhi. “Piangere sul ‘fango’ versato, ora ci sta. Ma dobbiamo aprire una nuova fase, di riflessione e di azione. Non basta prendersela con la politica e i politicanti di turno. Il caso della Reno De Medici ci ha dimostrato, ancora una volta, che la normativa in materia ambientale è ambigua, non chiara, interpretabile in maniera eccessiva. Stando così le cose, può determinare catastrofi e crisi che da tutto dipendono tranne che dall’andamento del mercato”: a dirlo è Antonio Cardillo. Lo fa nella doppia veste di consigliere comunale a Pignataro Interamna e di componente del coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia.
Norme chiare a vantaggio di tutti
Ricorda Cardillo che “Il dibattito tenuto nella sessione introduttiva degli Stati Generali voluti fortemente dal presidente della Provincia di Frosinone Luca Di Stefano ci ha posto dinanzi ad un bivio. E cioè quello di accettare il processo di desertificazione industriale senza fare nulla o quello di lavorare insieme per arrestare l’inerzia e riattivare i processi di sviluppo”.
Punta il dito su un tema chiave “che è stato uno dei più dibattuti: la chiarezza nella normativa ambientale che blocca molto spesso anche processi produttivi all’avanguardia e leader in diversi settori.
Per Cardillo, se il riutilizzo dei fanghi “primari” è prassi comune per tutte le cartiere italiane ed europee produttrici di carta per imballaggi a base di fibre riciclate “allora è la norma a dover essere adeguata, tenendo conto delle innovazioni maturate in questi ultimi anni all’interno dei processi produttivi. Viceversa, se si dovesse ritenere che si tratti di una procedura non regolare allora si blocchino tutte le cartiere che la attuano”.
Sintonia con il sindacato
Un concetto, quello dell’esponente provinciale di Fratelli d’Italia che trova in piena sintonia il vice segretario nazionale dell’Ugl chimici Enzo Valente. È lui a far notare che rischia di essere inutile la corsa della Regione Lazio a rilasciare in tempi brevissimi l’Autorizzazione Ambientale con cui lavorare i fanghi primari consentendo di recuperare fibra di cellulosa. Perché? Esattamente per la questione indicata da Antonio Cardillo.
“L’ostacolo – spiega Valente – è la Procura dalla Repubblica di Cassino. Ritiene che in base all’attuale interpretazione della norma i cosiddetti fanghi devono essere smaltiti all’esterno. Cosa ancora più importante: tutte le cartiere utilizzano quegli scarti come materia prima, pertanto se passa questa interpretazione dovranno chiudere tutte le cartiere d’Italia, non solo la Reno De Medici”.
Come nel caso di Patrizi, di Vicano e Fardelli: la magistratura applica la Legge. Se è scritta male o non è al passo con i tempi dipende da altri. “Per questo – spiega Valente – è necessario che intervenga il Ministero dello Sviluppo Economico: occorre fare chiarezza una volta e per tutte a livello nazionale su questo aspetto. In modo che la Procura possa rivedere quelle prescrizioni, altrimenti il solo rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione potrebbe non essere sufficiente”.
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